Alexandrina de Balasar

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I MEDICI INDAGANO

Quei movimenti durante le estasi della Passione sono inconcepibili in una paralizzata da anni!

P.Pinho parla all’Arcivescovo di Braga  (diocesi alla quale appartiene Balasar). Questi esprime il desiderio che il Caso sia esaminato da un medico competente. Tale prospettiva sconvolge Alexandrina.

Quando il mio direttore spirituale mi propose di lasciarmi esaminare da medici, fu per me un grande tormento. Una grande barriera di opposizione sorse nella mia anima. Volevo vivere nascosta! Volevo che solo Gesù sapesse della mia sofferenza.

Ma comandava l’obbedienza. Tacqui e accettai tutto per Gesù.

Ci mancavano i medici per completare il mio calvario! Alcuni furono dei veri aguzzini che incontrai sul mio cammino.  (A,  p 50)

Terzo viaggio ad Oporto

Necessitano radiografie, quindi, un viaggio ad Oporto, il 3 ! (Agli inizi della nfermità era già stata due volte negli ospedali di Oporto).

Il giorno 6 dicembre 1938, verso le 11, fui tolta dal mio letto e messa in un’ambulanza.

In quella mattinata ero stata visitata da persone amiche. In quasi tutte avevo visto le lacrime agli occhi, così come nelle persone di famiglia. Io avevo cercato di rasserenare tutti, fingendo di non soffrire nulla.

Fu doloroso il viaggio! Furono necessarie 3 ore e mezza per arrivare ad Oporto.(distante 50 km.!). Ci fermammo molte volte.

Fece la radiografia nel Consultorio del dott.Roberto de Carvalho, che la trattò delicatamente e le disse: “Ah, fanciulla mia, quanto soffri!”

Fu poi trasportata nel Collegio delle Figlie di Maria Immacolata, dove fu visitata dal dott. Pessegueiro, il quale non fece altro che aumentare la sua sofferenza. Qui si fermò fino al giorno 11.

Tornando a casa ebbi di nuovo un viaggio penoso.

Quando mi ritrovai nella mia cameretta mi vidi circondata da varie persone amiche.  (A pp 50-51)

In quello stesso dicembre, il giorno 26, deve soffrire molto per la visita in casa di un famoso neurologo, Elisio de Moura.

Mi trattò crudelmente tentando di farmi sedere su di una sedia, con tutta violenza. Siccome non ci riuscì affatto, mi ributtò sul letto e fece esperienze che mi fecero soffrire orribilmente: mi tappò la bocca, mi spinse contro la parete facendomi prendere un forte colpo.(...)

Senza volerlo, piansi. Ma offersi a Gesù tutte le mie lacrime insieme alle mie sofferenze che furono molte, poiché ciò che dico è nulla in confronto a quanto passai.

Gli perdonai tutto, perché era venuto col compito di studiare.( A, p 51)

Un eco di questa visita si trova  nella lettera al direttore, dettata il giorno dopo:

Mi costa molto parlare. Ho il mio corpo che pare sia stato schiacciato da carri che gli sono passati sopra.(...)

Ma poche righe dopo riemerge la sua generosità nel soffrire, il suo amore a Gesù:

Accetto tutto, tutto per Vostro amore e per ciò che Voi sapete. (non si sa a cosa si riferisce). Io vorrei soffrire tutto questo proprio anche se Voi non sapeste che sono io a soffrire  (vuol donare la sofferenza per salvare anime, anche restando anonima, senza ricompensa per il suo atto generoso). Siete degno di tutto. L (27-12-38)

Il viaggio ad Oporto, la visita del grande psichiatra, suscitano nel popolo di Balasar commenti, critiche, illazioni:

Affermavano che il mio viaggio ad Oporto aveva avuto lo scopo di ottenere una pensione mensile da parte del governo (...)

Altri dicevano che ero andata a farmi fare la “fotografia da santa”, cioè a valutare la mia santità per mezzo di una macchina. Dicevano che usavo fatture e facevano di me una strega! (...)

Quando mi ferivano con ciò che si diceva a mio riguardo, fingevo di non soffrire, ma soffrivo amaramente e rispondevo:

“Parlano di me? E’ perché hanno da dire; io no. Lasciate che parlino tra loro.

Che il Signore li perdoni! Anch’io li perdono. Parlano, parlano e parleranno.

Non vi è chi li faccia tacere: alcuni contro di me, altri in mio favore”. E così il tempo andava passando. ( A,  pp  52-53)

Entra in scena il dott.Azevedo

Il dott.Emanuele Augusto Dias de Azevedo, medico condotto di Ribeirao

 do Minho, oltre che nella scienza medica, è competente anche in scienze teologiche, perché ha frequentato il Seminario di Braga. Sarà il cireneo di

Alexandrina. Illuminato e ardente di fuoco divino, la accompagnerà sino alla estrema vetta del suo calvario, supplendo un po’ alla mancanza del direttore, p.Pinho, che dovrà lasciarla perché esiliato. ( vd.  C  7 )

Il 29 gennaio 1941 il dott. Azevedo, ottenuto il permesso da p.Pinho di visitare Alexandrina, viene ricevuto insieme ad un sacerdote che Alexandrina conosce.

Si ha così il primo incontro.

Il dott.Azevedo ne rimane subito colpito. Intuisce che il Caso è molto serio e che va studiato dal punto di vista spirituale e teologico, oltre che medico.

Il 15 febbraio 1941 il dott. Azevedo scrive a p.Pinho una lettera nella quale appare un ritratto molto espressivo di Alexandrina.

Eccone alcuni brani:

“(...) Quanto agli aspetti varii: compostezza di movimenti, profondità di concetti teologici e mistici che esprime, tutto questo è semplicemente ammirevole. Nulla, assolutamente nulla di quanto avviene ci potrebbe permettere di classificare, sia sotto il punto di vista clinico, sia sotto il punto di vista teologico, come naturali o diabolici i fenomeni che osserviamo.

Inoltre, la sua vita umile e senza pretese, la sua mancanza di cultura, il suo equilibrio nell’intelligenza e i suoi atteggiamenti, la sua rassegnazione completa e l'umiltà profonda, i suoi frequenti lampi di genio, tutto questo avvolto in una semplicità che incanta, dà prove manifeste che si tratta di un’anima che trabocca di soprannaturale, presso la quale ci sentiamo piccoli, molto e molto piccoli.

Sia benedetto il Signore che ci dà tali angeli per espiare i nostri peccati!” (No C , C. 23, p 192-193 portogh.)

Quarto viaggio ad Oporto

Il dott. Azevedo ritiene opportuno un consulto col dott. Abel Pacheco, specialista

di Oporto ( che l’aveva visitata agli inizi della malattia) e col medico curante, il dott . Giovanni Alves Ferreira.

Il 1° maggio 1941 avviene il consulto, ma i medici non si trovano d’accordo.

Allora il dott. Azevedo consiglia una visita ad Oporto per consultare il dott. Gomes de Araujo. Invita Alexandrina a chiedere ispirazione nella preghiera, perché non vuole contrariare il Signore.

Chiesi questa luce per un mese. Ma, quanto più chiedevo luce, tanto più rimanevo nelle tenebre, diventando così sempre più profondo il dolore della mia anima, non sapendo cosa dovessi fare. Alla fine il Signore mi disse che era sua divina volontà che io andassi ad Oporto.

Il mio stato fisico era gravissimo: temevano di togliermi dal letto per un viaggio così lungo.(...) Incoraggiata dalle parole del Signore, avevo fiducia in Lui e, sotto la sua azione divina, mi preparai per partire all’alba del 15 luglio 1941. (A, p. 54)

Alla vigilia della partenza detta un lettera per p.Pinho, dalla quale estraiamo poche righe, ma sufficienti per illuminare la sua elevatezza d’animo, il suo amore a Gesù, alle anime.

(...) Sono in una notte oscura, arida, senza che in tutto il suo decorrere cada una piccola goccia di rugiada. (...)

Annichilita , oppressa sotto questo dolore, questa amarezza, mi viene in mente: è per Gesù, è per le anime.

E subito tutto il mio essere si trasforma in un solo pensiero: Dio in tutto e sopra tutto. Passerei tutto il tempo della mia vita a pensare solo a Dio. Tutto passa, solo Dio resta. Il pensiero di Dio abbraccia il Cielo e la Terra.

Mi immergo in Dio. Posso amarlo e pensare a Lui per tutta l’eternità.

Questo pensiero mi solleva da tutto il mio scoraggiamento: solo pensando così, rendo soave il mio dolore. Solo immersa in Dio posso sorridere al quadro doloroso e triste che si presenta davanti a me.

Fingo di sentire grande gioia per il mio viaggio ad Oporto, per rallegrare i miei, affinchè non comprendano il dolore del mio cuore.

E’ per Gesù che vado, è per le anime che soffro.

Solo da Gesù aspetto il coraggio e l’amore per resistere a tutto (...) L  (14-7-41)

Nell’Autobiografia troviamo la descrizione di tale viaggio. Eccone alcuni tratti.

Erano le 4 del mattino. Avevo già recitato le mie preghiere e, per fingere  che andavo molto contenta, chiamai mia sorella dicendole che “andavamo in città”. (per quella gente di un piccolo paese agricolo, andare in città era una grande festa, allora).

Solo in questo modo nascondevo il mio dolore e rasserenavo i miei.

Mentre parlavo così, sentii l’automobile che , poco dopo, si fermò presso la nostra casa.

Entrò nella mia camera il signor dott. Dias de Azevedo accompagnato da un signore amico (Antonio Sampaio, che la porta con la sua macchina).

Alle 4 e mezza partimmo: era ancora notte, per non allarmare la popolazione. Uscimmo dal nostro paese senza incontrare nessuno.

In quale silenzio stava la mia anima! Immersa in un abisso di tristezza, ma sempre in unione intima con Gesù, senza separarmi un istante. Continuavo a chiedergli sempre tutto il coraggio per l’esame che avrei avuto e offrivo tutto il mio sacrificio per suo divino amore e per le anime. Invocavo la Mammina, i santi e le sante che più amavo.

Non mi interessava nulla; e tutto quanto mi si presentava mi causava profonda tristezza.

Di tanto in tanto interrompevano il mio silenzio domandandomi se andavo bene. Ringraziavo, senza uscire dall’abisso in cui ero immersa.

Era già giorno quando ci fermammo a Trofa, in casa del signore che ci accompagnava. Era lì che dovevo riposare e ricevere il mio Gesù, in attesa di ripartire per Oporto.

Fu portata in giardino dove riuscì anche a cogliere dei fiori, pensando:

Quando il Signore creò questi fiori, sapeva già che oggi sarei venuta qui a coglierli!

Fui poi fotografata in due posti prescelti: andai dall’uno all’altro con i miei piedi! Cosa che mai più avevo potuto fare da quando mi ero messa a letto, perché non potevo neppure voltarmi di fianco nel letto. ( eccetto durante le estasi della Passione, naturalmente).Fu solo per un miracolo divino, perché senza di esso non mi sarei mossa. (...)

A 6 chilometri da Oporto il Signore sospese il suo intervento divino : ricominciai a sentire tutte le sofferenze del mio corpo.(...)

L’entrare dell’automobile nel Consultorio fu quanto vi è di più doloroso. Sentivo nel corpo il più grande martirio e nell’anima la più grande agonia: mi pareva di morire.(...)

L’esame  fu molto doloroso e prolungato.

Mentre mi spogliavano mi dicevano di non affliggermi. E io, ricordando ciò che avevano fatto al Signore, dissi a me stessa:

“Spogliarono anche Gesù!” E non pensai ad altro.

Il signor dott. Gomes de Araujo, nonostante che mi sembrasse un po’ brusco, fu prudente e delicato.

Nel viaggio di ritorno fanno una sosta a Ribeirao, in casa del dott.Azevedo per rientrare a casa a notte fonda per non essere visti.

Sia in una casa che nell’altra fui trattata con molta sollecitudine, ma nulla mi dava conforto. Sorridevo ad ogni attenzione, per nascondere il più possibile il mio dolore. (...)

Quando arrivammo a casa era mezzanotte, così ottenemmo che nessuno sapesse dalla mia uscita dal paese. (...)  (A,  pp  54-56)

Il giorno seguente, p.Pinho va a trovarla e celebra una S.Messa nella sua cameretta. Tuttavia, il giorno 17, Alexandrina sente il bisogno di dettargli una lettera, per descrivere la memorabile giornata del 15. E’ interessante leggerne alcuni tratti.

Poco dopo mezzanotte mi preparai per la partenza. Feci tutte le preghiere del mattino, chiesi l’aiuto del Cielo, offersi il sacrificio a Gesù e a Mammina per ricevere da Loro amore, fino a morire d’amore.

Poi offersi per alcune persone che mi sono più care, essendo al primo posto Lei, mio padre spirituale. In cambio del mio sacrificio chiesi a Gesù la pace per il mondo, la Consacrazione del mondo alla Mammina, chiesi che ottenesse libero dalla guerra il Portogallo, invocai per i peccatori, per i sacerdoti, ecc.

Mentre aspettavo l’ora della partenza, il mio cuore sanguinava di dolore ma avevo ansie di dare tutto a Gesù. 

La mia partenza fu alle 4 e mezza del mattino (...)

Per me il cielo non aveva stelle, non mi apparve lo spuntare del giorno, il sole non splendette: tutto il panorama era triste e doloroso. (...)

Mi fermai durante il viaggio per riposare in una casa amica, dove fui  circondata da tenerezza e amore. Fu là che ricevetti il mio Gesù, la vita della ma vita, la forza nel mio soffrire.

Egli si degnò di dirmi alcune parole che infusero nel mio cuore coraggio e maggior desiderio di soffrire per Lui:

“Figlia mia, figlia mia, il tuo sacrificio è lacci d’amore che legano di più e sempre di più il mio Cuore al tuo; e gli stessi lacci d’amore legano il tuo padre spirituale e tutti quelli che ti stanno attorno e si prendono cura di te.

Ti amo, ti amo, ti amo!” (...)

Soffrii dolori orribili, con il sorriso e molte volte con il nome di Gesù tra le labbra (...)

E spuntò il giorno di mercoledì, (giorno 16). Arrivò Lei, padre mio, e, poco dopo, il cuore sentiva già vita. Fu fuori dal letto che assistei alla S.Messa e ricevetti il mio Gesù.(...)

I dolori del corpo andavano aumentando: a mala pena so descrivere il mio soffrire. Nelle ore di maggior angoscia Gesù mi parlò così:

“Figlia mia, ecco la tua sofferenza per i sacerdoti. Soffri per loro. Il dolore mi dà riparazione.Gli ardori che ti bruciavano sono gli ardori delle passioni. Mi servii dell’esame medico per farti soffrire per loro”.

Poco dopo, tornò Gesù e mi disse:

“Figlia mia, dì al tuo padre spirituale che sia lieto per il tuo dolore, che sia lieto nel vedermi riparato, che sia lieto nel vederti salvarmi le anime.(...)

Oggi Gesù continua a martirizzarmi. Il mio martirio è grande nel ricevere Gesù (Eucaristico). Le aridità e le tenebre dell’anima non mi lasciano godere la dolcezza e la soavità del suo amore. Fu una mattina di tormento per l’anima e per il corpo. Furono orribili i dubbi e le paure per la crocifissione (è giovedì, già sente lo sgomento per l’avvicinarsi del venerdì).

La sofferenza nel pomeriggio fu più soave: sentivo l’unione delle nostre anime e contemplavo il Calvario con più amore.

Perdono, padre mio, per la povera Alexandrina. L (17-7-41)

Questo esame ad Oporto del 15 luglio 41 porta, è vero, sofferenze enormi ad Alexandrina. Ma dà anche una prima vittoria al dott. Azevedo, poiché il grande neurologo concorda con lui: “compressione midollare alta, sola o complicata da altri focolai compressivi più bassi”.

Nel 1967 il dott. Azevedo, al processo Diocesano Informativo dichiara:

“La malattia principale di Alexandrina doveva essere una mielite, come di fatto confermarono diversi medici, tra i quali il dott. Gomes de Araujo e il prof. dott. Carlo Lima. Tutti eravamo convinti che la causa principale della mielite fosse il salto dalla finestra, cui abbiamo già fatto riferimento”. (Summ.  p 45)

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