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IL FIORE
SBOCCIA BELLO,
MA UNA BUFERA LO SCHIANTA
Il bocciolo si apre ed emana il suo
profumo
Alexandrina
nasce il 30 marzo 1904 nella frazione di Balasar chiamata Gresufes, a circa 50
km da Oporto.
Viene battezzata il
2 aprile, sabato di Alleluia.
Cresce sana,
esuberante, ma anche con una eccezionale delicatezza e sensibilità per le
bellezze del creato e in particolare una forte attrattiva per il cielo, con
grande nostalgia di raggiungerlo.
Ecco già il germe
della sua realizzazione finale: è marcata sin dall’inizio la sua aspirazione al
Cielo.
Verso i 4 anni mi
mettevo a contemplare il cielo e domandavo ai miei se avrei potuto raggiungerlo
collocando uno sull’altro tutti gli alberi, tutte le case ecc. Siccome mi
dicevano che neppure così sarei arrivata, rimanevo triste e nostalgica perché mi
attirava lassù non so che cosa. (A, p 2)
Solo più avanti sentirà in tutto il
creato la presenza del Creatore.
E’ sempre gioiosa
in ogni attività , sia in casa che nei campi.
Mi piaceva molto
lavorare: ordinavo la casa, trasportavo legna e facevo altri servizi casalinghi.
Provavo gusto che il lavoro fosse fatto bene e mi piaceva essere sempre pulita,
in ordine. Lavavo i nostri indumenti e,quando non avevo altro, lavavo il mio
grembiulino che portavo legato alla cintola.
Quando non sapevano
dove fossi, erano sicuri di trovarmi a lavare in un ruscello che scorreva vicino
a casa.
Molte volte
lavoravo in giardino; mi prendevo cura delle piante di fiori che davamo poi per
adornare gli altari della chiesa.
La sua esuberanza
si esplica non solo nei lavori.
Mi arrampicavo
sugli alberi, salivo sui muretti di cinta e preferivo camminare su questi che
sulle strade.
Ero tanto vivace
che mi chiamavano “Maria Maschietto”. (A, p 3)
E’ anche coraggiosa
e generosa nell’offrirsi, per andare a trovare la madrina.
Una volta andai a
far visita alla mia madrina (di battesimo) e dovetti attraversare il torrente
Este che aveva una forte corrente tanto che smuoveva alcune pietre che servivano
per attraversarlo. Senza badare al pericolo a cui mi esponevo, attraversai il
torrente su quelle pietre e l’acqua mi portava via. Scampai per miracolo alla
morte, come pure mia sorella che mi accompagnava. (A, p 3)
Tra il 1911 e il 1912, insieme alla
sorella Deolinda trascorre 18 mesi a Povoa de Varzim presso una famiglia per
frequentare la scuola ( allora a Balasar mancava la scuola femminile). Non
finisce neppure la 2° elementare perché vuol ritornare a casa insieme alla
sorella (che ha finito la 3° , avendo cominciato prima perché maggiore di tre
anni).
A Povoa, per il suo
grande amore a Gesù, ottiene di fare la 1° Comunione, pur non avendo l’età
prescritta:
Fissai l’Ostia che
stavo per ricevere in modo tale che mi rimase molto impressa nell’anima: mi
parve di unirmi a Gesù per non separarmi mai più da Lui. Mi pare che mi abbia
preso il cuore. La gioia che sentivo era inspiegabile. A tutti davo la buona
notizia.(A, p 4)
Viene poi cresimata
a Vila do Conde:
Mi parve che fosse
una grazia soprannaturale a trasformarmi e ad unirmi sempre più al Signore.
(A, p 5)
Dalla
contemplazione del creato, risale al Creatore.
Verso i 9 anni, quando mi alzavo
presto per andare nei campi e mi trovavo sola, mi mettevo a contemplare la
natura: lo spuntare dell’aurora, il cinguettio degli uccelli, il mormorio delle
acque entravano in me in una contemplazione tanto profonda che dimenticavo quasi
che ero nel mondo.
Arrivavo a
rallentare i passi e restavo imbevuta in questo pensiero : la potenza di Dio!
Quando mi trovavo
sulla spiaggia del mare ( a Povoa, cittadina dove andavano sovente i paesani di
Balasar) oh, come mi perdevo davanti a quella grandezza infinita!
Di notte, nel
contemplare le stelle, mi pareva di immergermi ancora di più per ammirare le
bellezze del Creatore.(A, p 8)
A 12 anni le danno
l’incarico di catechista e la ammettono alla cantoria:
Lavoravo con
piacere sia nell’una che nell’altra mansione; ma per il canto avevo una passione
folle. (A, p 11)
Troverà la forza di cantare persino nel
1953, dopo 11 anni di digiuno assoluto! (ci sono estasi pubbliche con canti,
registrate).
Fino al 1918 il
profumo di questo fiore che sboccia si diffonde in tutte le direzioni: verso il
creato, abbiamo visto, verso i familiari, verso i poveri .
Sentivo
grande gioia nel fare opere di carità. Piangevo di pena per non poter aiutare in
tutto i bisognosi. La mia più grande soddisfazione era nel dare loro ciò che
avevo da mangiare, privandomi anche del mio alimento.(A, p 9)
E non solo dona
cibo ed indumenti, ma si spreme in preghiere e in opere di assisteza ai malati,
e persino arriva a vestire i defunti!
Cosa che mi costava
immensamente. Lo facevo per carità: non avevo cuore di lasciare sola la famiglia
del morto. (A, p 9)
Si sviluppa una
sensibilità artistica, che più avanti raggiungerà vette di alta poesia, non
priva di un certo umorismo:
Nelle riunioni di
famiglia non so che cosa dicevo, ma suscitavo molta ilarità(...) Mia madre
diceva. “I ricchi hanno un giullare che li fa ridere. Io non sono ricca, ma ho
qui anch’io chi sta a rallegrarci”.(A, p 7)
E, poiché vive una
vita di preghiera, si sviluppa in lei la sapienza del cuore, che emana profumo
di buoni consigli anche verso persone più adulte.
Davo sovente
consigli a persone di una certa età, evitando che praticassero persino orrendi
crimini (aborti?). Su tutto mantenevo assoluto segreto. Tenevano con me
conversazioni che non erano proprie della mia età: le confortavo, dicevo loro
ciò che mi pareva giusto. (A, p 9)
Robusta e
volonterosa, lavora con entusiasmo e rende tanto che viene pagata a ore come la
madre. Ma deve affrontare un periodo di lavoro molto
doloroso, sotto un “padrone aguzzino”, brutale, violento:
Persino gli animali
lo conoscevano perché li picchiava e li spaventava.
(...) Una volta
sono stata dalle 22 alle 4 del mattino in Povoa a custodire 4 coppie di buoi (perché
il padrone e un suo amico si erano assentati). Io, piena di paura, trascorsi là
quelle ore tristissime della notte.
Mentre vigilavo,
contemplavo le stelle che brillavano molto e mi facevano da compagne. (A, p p
10-11)
Naturalmente, la
mamma la tolse da quel padrone!
Il suo profumo si
eleva specialmente, e sempre più intenso, verso il Cielo.
Di mano in mano che
crescevo, aumentava in me il desiderio della preghiera: volevo imparare tutto.
Amavo molto fare
meditazioni sul Santissimo Sacramento e sulla Mammina. Quando non potevo farle
di giorno, le facevo di notte, di nascosto da tutti, tenendomi una candela
nascosta a questo fine. Le vite dei santi, o meditazioni più profonde non mi
soddisfacevano, perché vedevo che in nulla assomigliavo ai santi : invece di
farmi del bene, mi facevano del male. (A, p 10)
Le sue giornate
cominciavano tutte con le consacrazioni a Gesù e alla Mammina e proseguivano
costellate di varie giaculatorie.
Centri focali nella
sua vita spirituale sono :
Gesù,“il
mio Amato”, il “mio Tutto”, specialmente nell’Eucaristia
e Maria
Santissima , la “cara Mammina”, mediatrice e modello.
La sua spiritualità è essenzialmente
eucaristico-mariana, come dice il suo primo direttore, p.Mariano Pinho. (vd
NoC)
La bufera!
Il sabato santo del 1918, a 14 anni, si
butta da una finestra nell’orto (a circa m 3.30) per salvare la sua purezza,
sottraendosi a tre uomini male intenzionati penetrati con violenza nella stanza
dove sta lavorando di cucito con la sorella e un’amica. (uno di essi è quel
padrone aguzzino).
Da qui inizia una
mielite compressa alla spina dorsale, con conseguente paralisi progressiva che
la inchioderà nel letto fino alla morte!
Dunque, è “martire
per la purezza”, come Maria Goretti e Pierina Morosini.
Il martirio di
Alexandrina è apparentemente incruento (soffrirà per stimmate dolorosissime ma
occulte), ma atroce per durata ed intensità sempre crescente.
Quel “salto” è una
tragedia che la rende impotente, umanamente. Ma dal punto di vista divino
è invece una chiamata: è l’inizio di una lunga e fecondissima
ascesa su di una scala di sofferenze sempre più forti e profonde che invaderanno
tutto il suo essere, nelle sfere fisica, morale, spirituale; ma un’ascesa che la
porterà alla missione di corredentrice, nella totale unione
trasformante col suo Gesù.
Diventerà una delle
più efficaci anime-vittime che, seguendo il cammino indicato -anzi percorso- da
Gesù, si immolano per amore a Dio e ai fratelli.
Anche Alexandrina, come altri santi, ha
avuto un sogno premonitore, che le ha fatto intuire la strada che avrebbe
percorso sulla Terra, con la meta finale.
(va collocato nell’intervallo 1916-1918;
lo descrive nell’Autobiografia).
Salii al
Paradiso su dei gradini molto stretti, tanto che a stento potevo collocarvi la
punta dei piedi. Arrivai là con molta difficoltà e molto tempo, perché non avevo
nulla cui aggrapparmi. Lungo il cammino vedevo alcune anime che stavano ai lati
della scala, dandomi conforto senza parlarmi. Là in cima vidi al centro, su di
un trono, il Signore e al suo fianco la Mammina. Tutto il Cielo era affollato di
beati. Dopo di aver contemplato tutto questo, dovetti ritornare sulla Terra,
cosa che non volevo. Scesi con molta facilità e mi trovai sulla Terra: tutto era
scomparso. (A, p11)
Nel giugno del 1924
partecipa, con molto sforzo, al Congresso Eucaristico di Braga.
Il 14 aprile del
1925 si mette a letto definitivamente. Ricorderà quella
data più volte nei suoi scritti.
Nel 1928 c’è un
pellegrinaggio diocesano a Fatima e il parroco le porta dei ricordi con
l’esortazione a fare una novena per ottenere la guarigione.
Non ne feci una, ma
molte! (...) Pensavo: se guarirò, andrò subito a farmi suora. Infatti avevo
paura a vivere nel mondo.
Volevo essere
missionaria per battezzare i moretti e per salvare anime a Gesù.
(A, p 17)
Tante suppliche non
portano nessun giovamento, come pure i tentativi dei medici.
Siccome non
ottenni nulla, morirono i miei desideri di guarigione, e per sempre. Cominciai a
sentire sempre più ansie d’amore alla sofferenza e il desiderio di pensare solo
a Gesù. (A , p 17)

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