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DON UMBERTO M. PASQUALE
(Vignole Borbera, AL, 1906 – Torino, 1985)
e la Causa di Beatificazione e di Canonizzazione
di Alessandrina M. da Costa

                                                                                                      don Enrico dal Covolo

Il tema che mi è stato affidato per questa breve relazione è quello di delineare il ruolo svolto da don Umberto M. Pasquale nella Causa di Beatificazione e di Canonizzazione di Alessandrina M. da Costa, la cooperatrice salesiana nota come “la veggente di Balasar” (Portogallo), vissuta tra il 1904 e il 1955, e beatificata da Giovanni Paolo II il 25 aprile 2004.

Ai fini che ci proponiamo, è essenziale riepilogare la cronologia esatta della Causa.

Il Processo ordinario informativo diocesano sull’eroicità della vita e delle virtù, nonché sulla fama di santità di Alessandrina, si svolse a Braga dal 14 gennaio 1967 al 10 aprile 1973. La fase successiva (romana) del Processo si concluse il 21 dicembre 1995, data in cui venne letto alla presenza del Papa Giovanni Paolo II il decreto che definiva l’eroicità delle virtù, e di conseguenza la venerabilità di Alessandrina.

Il successivo Processo sul miracolo - che avrebbe condotto Alessandrina alla beatificazione - si svolse ancora nell’Arcidiocesi di Braga nel 2002, e si concluse a Roma nell’anno successivo.

Da parte nostra, ci riferiremo soltanto agli anni tra il 1964 (quando iniziarono le indagini previe, in vista dell’apertura del Processo informativo diocesano) e il 1973, quando venne concluso tale Processo. Se è vero infatti che tutta la vita di don Umberto - dopo il suo primo incontro con Alessandrina, avvenuto il 21 giugno 1944 - fu decisiva nello sviluppo della Causa, è altrettanto vero che soltanto nelle prime sue fasi egli rivestì un ruolo ufficiale, e precisamente nelle indagini previe (1964-1967) e, almeno in parte, nel Processo ordinario informativo diocesano (1967-1973).

E’ da notare in ogni caso che fin dall’autunno del 1948 don Pasquale era già definitivamente rientrato a Torino, per ordine di don Pietro Berruti, Prefetto Generale della Congregazione Salesiana. Di conseguenza, bisogna riconoscere che qualunque apporto di don Pasquale sia alle indagini previe sia al Processo informativo diocesano - per quanto possa essere stato significativo - rimase sempre frammentato, almeno per quanto riguarda la sua presenza diretta sul luogo del Processo.

Conviene dichiarare ancora le fonti di questa breve ricerca.

Oltre all’Archivio della Postulazione Generale dei Salesiani, attingo per via indiretta a una fonte che considero per alcuni aspetti privilegiata.

Si tratta di una sorta di Memoriale autografo, scritto da don Umberto nei mesi immediatamente precedenti al 1984. Esso si compone di 140 fitte cartelle dattiloscritte, quasi sempre travagliate, anche abbondantemente a volte, casualmente invase da scrittura anche nel verso. Ad esse don Pasquale unì quattro fogli di “aggiunte” manoscritte. Al fondo, gli originali sono datati: “Leumann, 1.1.1984, festa della Madre di Dio”, e recano, quasi a conferma della veridicità del loro contenuto, la firma.

Suddivido in due parti la mia esposizione.

Nella prima parte descriverò il ruolo svolto da don Umberto nelle indagini previe, e nella seconda mi riferirò agli anni del Processo ordinario informativo nell’Arcidiocesi di Braga.

1. Le indagini previe (1964-1967)

Nel 1964, avendo saputo che l’Arcivescovo di Braga intendeva aprire il Processo, don Umberto si preoccupò subito di inviare da Torino indicazioni precise circa la procedura da seguire.

Da parte sua, l’Arcivescovo si orientò immediatamente sulla scelta di un Salesiano come Postulatore della Causa. Ci furono diversi tentativi di nomina, tra i quali quello di don Giuseppe Abbà, ma alla fine vennero nominati Postulatore don Umberto Pasquale, e vice Postulatore don Ettore Calovi. Per questa incombenza verso la metà del 1965 don Umberto fu autorizzato dai Superiori a trasferirsi temporaneamente nell’Ispettoria del Portogallo, dove rimase per alcuni mesi, fino a novembre dello stesso anno.

L’azione di don Umberto durante le indagini previe si esercitò specialmente su tre fronti: anzitutto la raccolta delle testimonianze, poi la confutazione dei pareri della cosiddetta “Commissione dei teologi di Braga del 1944”, infine la definizione del celebre episodio del “lancio nel vuoto”, in seguito al quale Alessandrina contrasse la terribile lesione alla spina dorsale, che l’avrebbe costretta all’immobilità per oltre trent’anni.

La raccolta delle testimonianze sulle virtù di Alessandrina diede luogo a 540 fitte pagine dattiloscritte, che alla fine don Umberto presentò all’Arcivescovo di Braga con queste parole: “Eccole il volume; qui la santità si tocca con mano...”.

Tale volume, conservato nell’Archivio della Postulazione, venne a suo tempo allegato agli Atti processuali.

Il secondo importante lavoro di don Pasquale si riferiva ai pareri formulati dalla Commissione teologica di Braga. Essi erano condensati in sedici pagine fortemente avverse ad Alessandrina, che di fatto provo-carono la condanna e le diffide da parte dell’Arcivescovo allora in carica, e colpirono in maniera molto dolorosa la veggente, la sua famiglia e i suoi amici.

Evidentemente le accuse ivi contenute dovevano essere attenta-mente vagliate e, se possibile, confutate. Don Pasquale le analizzò con pazienza, e poté agevolmente convincersi dell’inconsistenza assoluta di ognuna di esse. Riporto un solo esempio, relativo al digiuno perfetto dal cibo e dall’acqua, che Alessandrina conservò ininterrottamente per 13 anni, dal 1942 fino alla morte. Secondo don Umberto, il cumulo di obiezioni dinanzi a questo fatto era stato elaborato dai teologi per dimostrare una tesi preconcetta, e cioè che il digiuno perfetto e l’anuria di Alessandrina non erano di origine straordinaria, ma erano dovuti a qualche anomalia psicofisica ancora ignota alla scienza. Don Umberto fece osservare al riguardo che di per sé il giudizio su tale fatto non era di competenza dei teologi, e in realtà egli stesso si astenne dal pronunciarsi. Tuttavia, in appendice alle sue osservazioni e in caratteri molto minuti, allegò le diagnosi redatte dai medici, alcuni di chiara fama, nelle quali il caso era esaurientemente trattato, e giudicato scientificamente inspiegabile.

Infine, un episodio rilevante ai fini della Causa, e dunque da accertare con sicurezza, era quello del famoso salto di quattro metri, con cui Alessandrina riuscì a salvarsi da tre loschi figuri, penetrati furtivamente in casa per attentare alla sua virtù. Nascondendo in una borsa capace un registratore in funzione, don Pasquale andò a trovare Lino Ferreira, uno dei tre protagonisti della fosca vicenda. Usò tutte le arti per indurlo a confessare, e in cento modi costui cercò di non compromettersi. Alla fine, scusandosi di quello che secondo lui era stato uno scherzo, ammise il fatto, che per Alessandrina ebbe come conseguenza la paralisi totale. Cercando di attenuare la propria responsabilità, aggiunse che l’episodio era capitato in tempo di carnevale, quando “ogni scherzo vale”. In realtà, esso capitò invece alla vigilia di Pasqua.

Ho riportato solo alcuni esempi del complesso e multiforme lavoro svolto da don Umberto nelle indagini preliminari. Egli andava raccogliendo così una documentazione sicura, per impostare saldamente il Processo.

2. Il Processo ordinario informativo nell’Arcidiocesi di Braga (1967-1973)

Il 14 gennaio 1967 l’Arcivescovo di Braga inaugurava solennemente il Processo diocesano sull’eroicità della vita e delle virtù, nonché sulla fama di santità di Alessandrina M. da Costa. Le relative sessioni si sarebbero prolungate per più di sei anni. Finalmente il 27 aprile 1973 gli Atti processuali vennero consegnati a Roma alla Congregazione per le Cause dei Santi.

Durante il Processo vennero ascoltati 48 testimoni, tra i quali un “teste chiave” fu lo stesso don Umberto. Risulta dal suo Memoriale che nel maggio-giugno del 1969 egli era a Braga, nuovamente convocato dal Tribunale ecclesiastico.

In quell’occasione, don Pasquale assicura di essere stato addirittura “spremuto” per due o tre ore al giorno, e che talvolta gli veniva da piangere durante i duri interrogatori... Le sue deposizioni sono poi confluite nel Summarium della Positio, dove il R(everendus) D(ominus) Humbertus Pasquale è citato come ventiseiesimo teste, e giunge ad occupare, da solo, ben 67 pagine!

Fu forse per questo motivo — che certamente dovette suscitare seri problemi di compatibilità con il ruolo del Postulatore —, oltreché per l’ordinaria dimora di don Pasquale a Torino, che durante il Processo diocesano, per lo meno nelle sue ultime fasi, il Postulatore della Causa non era più don Pasquale, bensì don Ettore Calovi.

Ma già il 13 aprile 1973, cioè tre giorni dopo la conclusione del Processo diocesano, l’Arcivescovo di Braga nominava Postulatore di Alessandrina don Carlo Orlando, al momento Postulatore Generale, a Roma, della Società Salesiana.

Il lavoro compiuto in quei sei anni, nei quali - al di là del ruolo svolto - don Pasquale continuò a offrire un contributo decisivo alla Causa, fu davvero ingente. Le deposizioni dei 48 testimoni colmarono 1200 pagine; furono accuratamente dattilografate a un solo spazio le 2138 pagine del Diario e degli scritti autobiografici di Alessandrina, e infine le 1757 pagine del suo Epistolario.

Don Umberto partecipò a Braga alla sessione conclusiva del Processo, il 10 aprile del 1973. Prima di rientrare in Italia, si fermò a Lisbona a salutare il Cardinale Patriarca. Della sua presenza in città venne informato il Nunzio apostolico, che lo pregò di passare da lui, prima di avviarsi all’aeroporto: gli avrebbe affidato le due casse sigillate, contenenti la documentazione del Processo appena concluso, da portare in Vaticano come “valigia diplomatica”.

Don Umberto prese in consegna il prezioso carico e venne accompagnato all’aeroporto dal segretario della Nunziatura.

***

“Finezze della Provvidenza!”, commenta a questo riguardo don Umberto nel suo Memoriale.

In effetti, l’estrema consegna degli Atti processuali a don Pasquale assumeva il valore di un “segno”: in qualche modo, egli veniva riconosciuto come l’autentico depositario della Causa di Beatificazione e di Canonizzazione di Alessandrina Maria da Costa.

                                                                       don Enrico dal Covolo

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