La
Beata Alexandrina
da Costa
(1904-1955)
cooperatrice salesiana
nel 50° anniversario della morte
Per
conformarsi a gesù Eucaristico
visse l’esistenza come offerta d’amore
In
questo anno dedicato all’Eucaristia trova particolare significato il ricordo
della
testimonianza
e della missione che il Signore ha affidato alla Beata Alexandrina Maria da
Costa, apostola dell’Eucaristia, beatificata da Giovanni Paolo II° il 25 aprile
2004 e di cui quest’anno ricorre il 50° della morte. Questa Cooperatrice
salesiana rifulge tra i santi “che nell’Eucaristia hanno trovato l’alimento per
il loro cammino di perfezione. Quante volte essi hanno versato lacrime di
commozione nell’esperienza di così grande mistero ed hanno vissuto indicibili
ore di gioia «sponsale» davanti al Sacramento dell’altare” (Mane nobiscum 13).
Il nome di
Alexandrina Maria da Costa resterà per sempre legato, nella storia della Chiesa,
non solo alla Consacrazione del mondo al Cuore Immacolato di Maria effettuata da
Pio XII nell’ottobre del 1942 e della quale Alexandrina si era fatta portavoce a
partire dal 1935, ma anche per essere stata l’apostola dell’Eucaristia. Il suo
nome, infatti, va ad unirsi a quello della mistica francese S. Margherita Maria
Alacoque e a quello della veggente di Fatima Suor Lucia, per essere stata, la
prima, apostola del Sacro Cuore di Gesù e della comunione riparatrice nei
primi 9 venerdì del mese, e la seconda, apostola del Cuore Immacolato di
Maria e della comunione nei primi 5 sabati del mese in riparazione delle
offese fatte alla Santa Vergine. Ad Alexandrina Gesù affidò il compito di
diffondere l’amore per la santissima Eucaristia e la comunione nei primi
6 giovedì del mese invitando ad adorare nel «Mistero della fede» la sua Presenza
reale e a contemplare il suo perenne Sacrificio attraverso il ricordo delle
sante Piaghe. Infatti Gesù fece le seguenti richieste e promesse: «Mia
figlia, Mia cara sposa, fa’ che io sia amato, consolato e riparato nella Mia
Eucaristia. Di’ in Mio nome che a quanti faranno bene la Santa Comunione, con
sincera umiltà, fervore ed amore nei primi sei giovedì consecutivi e passeranno
un’ora di adorazione davanti al Mio Tabernacolo in intima unione con Me,
prometto il Cielo. È per onorare attraverso l’Eucaristia, le Mie Sante Piaghe,
onorando per prima quella della Mia Sacra spalla, così poco ricordata. Coloro
che al ricordo delle Mie Piaghe uniranno quello dei dolori della Mia Madre
benedetta e per essi ci chiederanno grazie sia spirituali che corporali, hanno
la Mia promessa che saranno accordate, a meno che non siano di danno per la loro
anima. Nel momento della loro morte condurrò con Me la Mia Santissima Madre per
difenderli».
L’invito che Gesù ci
rivolge attraverso Alexandrina è quello di vivere uniti a Lui sempre, estendendo
questa unione intima e familiare in tutti gli spazi della nostra vita e
custodendo il dono della sua presenza nella nostra anima attraverso l’amore del
prossimo, il silenzio e la preghiera. Infatti circa questa vita di comunione e
di adorazione Gesù così si esprime con la sua figlia e sposa prediletta: «Parla
dell’Eucaristia, prova dell’Amore infinito: è l’alimento delle anime. Di’ alle
anime che mi amano, che vivano unite a me durante il loro lavoro; nelle loro
case, sia di giorno che di notte, si inginocchino sovente in spirito, e a capo
chino dicano: “Gesù, ti adoro in ogni luogo dove abiti Sacramentato; ti faccio
compagnia per coloro che ti disprezzano, ti amo per coloro che non ti amano, ti
do sollievo per coloro che ti offendono. Gesù, vieni al mio cuore!”. Questi
momenti saranno per me di grande gioia e consolazione. Quali crimini si
commettono contro di me nella Eucaristia!».
Cosa
possa compiere Gesù Eucaristia in un’anima ce lo insegna molto bene la vita di
Alexandrina: durante i 30 anni trascorsi a letto paralizzata e tra dolori sempre
più devastanti a causa della mielite alla spina dorsale, Alexandrina fece della
sua vita un dono d’amore a Dio Padre per soccorrere e salvare in unione con Gesù
crocifisso e risorto le anime dei peccatori. Amò tutti in modo soprannaturale,
irradiando con il suo sorriso ed il suo sguardo la vita divina su quanti la
avvicinavano. In lei Gesù Eucaristia realizzò in pienezza il mistero
dell’incarnazione espresso da San Paolo con le parole: «Non sono più Io che
vivo, ma Cristo vive in me»; inoltre, per manifestare al mondo la vita divina
che Egli ci comunica attraverso il «farmaco di immortalità», Alexandrina visse
durante gli ultimi 13 anni della sua vita solo di Eucaristia a digiuno totale di
cibo ed acqua.
Anima veramente
eucaristica, Alexandrina era nata a Balasar, piccolo paese nel nord del
Portogallo, il 30 marzo 1904, mercoledì della Settimana Santa. A 14 anni non
esitò a saltare dalla finestra di casa (4 mt) per fuggire da tre uomini del
paese, che si erano introdotti in casa con la forza. Le conseguenze di quel
salto furono tali che a 21 anni si ritrovò completamente paralizzata. Nella
solitudine della sua cameretta, Alexandrina diventò l’angelo consolatore di Gesù
Eucaristia presso tutti i Tabernacoli del mondo vivendo continuamente unita a
Lui, in spirito di amore, di adorazione e di riparazione. Fece parte del
movimento eucaristico «Le Marie dei Tabernacoli» e di quello mariano «Le Figlie
di Maria ». Il suo programma spirituale «amare, soffrire e riparare »,
ispiratole da Gesù, racchiude la sua vocazione di anima vittima per la salvezza
delle anime. A partire dal 1935, con il gesuita P. Mariano Pinho, suo primo
direttore spirituale, fu la portavoce di Gesù presso il Santo Padre affinché il
mondo,minacciato dalla seconda guerra mondiale e dal diffondersi dell’ateismo,
venisse consacrato alla Vergine Madre. «Come Io chiesi a S. Margherita Maria
la consacrazione del mondo al mio Cuore divino, così io chiedo a te che sia
consacrato al Cuore della mia Madre santissima». Il segno dato dal Signore
per avvalorare l’origine divina di questa richiesta fu la Sua Passione rivissuta
in Alexandrina. Infatti dal 3 ottobre 1938 fino al venerdì santo del 1942,
Alexandrina, ogni venerdì, dalle 12 alle 15 del pomeriggio andava in estasi,
riacquistava i movimenti del corpo ed alzandosi dal letto riviveva nella sua
stanza le varie fasi della Passione di Gesù, dall’agonia nel Getsemani fino alla
crocifissione sul Calvario. Quando Pio XII consacrò il mondo al Cuore Immacolato
di Maria, cessò in Alexandrina la Passione di Gesù visibile in questa forma
attraverso i movimenti del corpo, ma continuò interiormente per tutta la vita.
Nella settimana santa dello stesso anno, 1942, iniziò il digiuno totale che si
protrasse fino alla sua morte, avvenuta il 13 ottobre 1955. La sua vita fu un
miracolo eucaristico vivente. Gesù le disse: «...Faccio che tu viva solo di
Me, per provare al mondo ciò che vale l’Eucaristia, e ciò che è la mia vita
nelle anime: luce e salvezza per l’umanità» (1954). Dal 1944 la diresse
spiritualmente il salesiano don Umberto Pasquale, che fu anche il suo principale
biografo e che, con la Comunità salesiana di Mogofores (Portogallo), curò la
trascrizione su fogli dattiloscritti delle migliaia di pagine del diario di
Alexandrina, un vero tesoro nella storia della mistica di alto valore teologico
e spirituale, che illumina il mistero di Cristo, dono del Padre perché l’uomo
viva. Attraverso Alexandrina Gesù chiede che: «Venga ben predicata e ben
propagata la devozione ai Tabernacoli, perché per giorni e giorni le anime non
mi visitano, non mi amano, non riparano... Non credono che io abito là. Voglio
che si accenda nelle anime la devozione verso queste prigioni d’amore...Sono
tanti coloro che, pur entrando nelle Chiese, neppure mi salutano e non si
soffermano un momento ad adorarmi. Io vorrei molte guardie fedeli, prostrate
davanti ai tabernacoli, per non lasciare accadere tanti e tanti crimini»
(1934). Pochi mesi prima di morire la Madonna le disse: «Parla alle anime.
Parla dell’Eucaristia! Parla loro del Rosario! Che si alimentino della Carne di
Cristo, della preghiera e del mio Rosario!» (1955).
Dal
Volume La Passione di Gesù in Alexandrina Maria Da Costa, curato da don
Umberto Pasquale, secondo Direttore spirituale della grande mistica, estraiamo i
brani relativi all’ultima cena in cui Alexandrina descrive e vive in modo
mistico il grande evento dell’istituzione dell’Eucaristia.
Al cadere della
sera, la grande Cena dell'amore: Amore che tanta ingratitudine ricevette! Vedo
lo spirito e le cure con cui viene preparata: vedo che sarà la Cena dell'amore,
delle meraviglie, come nessun'altra mai. Sento che Gesù sta dando gli ordini ai
suoi e, fermandosi ad ogni passo, fissa con divini sguardi la Città ingrata,
l'Orto della grande amarezza, il Calvario che Lo attende.
«Si mise a tavola
con i suoi apostoli» (Lc 2,14) Salii con Gesù e gli apostoli verso la grande
sala del banchetto pasquale. Nel salire la scalinata, sentivo che Gesù era
impaziente di mangiare quella Cena con i suoi apostoli. Prima di cominciare la
cerimonia, vidi la Mamma in lacrime e con i capelli disciolti, tutta immersa nel
dolore. Gesù mi fece comprendere che, poche ore dopo, Ella sarebbe andata in
quello stato ad incontrarlo lungo le strade dell'amarezza. Fu grande il dolore
del divin Cuore per la visione delle lacrime della Mamma! Vidi Gesù sedersi a
mensa con gli apostoli. Mentre si sedeva, esclamò tra sé: «Cibo divino: la Cena
del mio amore! ». La sala si illuminò e tutti gli apostoli furono imbevuti di
quell'amore che irradiava dagli occhi, dalle labbra, da tutto il suo Essere:
Gesù era tutto amore. Era amore, amore, soltanto amore; amore per affrontare
malvagità e ingratitudine. Giuda, non era più Giuda: già si vedeva in lui
veramente il demonio. Con il demonio in sé, non accolse l'amore di Gesù.
«Prendete e
mangiate; questo è il mio corpo... Bevetene tutti perché questo è il mio sangue»
(Mt 26,26-27. Che notte! Che santa notte! La più grande di tutte le notti. La
notte del più grande miracolo, del più grande amore di Gesù. Il suo divin Cuore
era legato a coloro che gli erano tanto cari. Per poter partire, doveva rimanere
tra loro; per salire al Cielo, doveva rimanere sulla Terra. Lo obbligava a
questo il suo divino amore. O sofferenza amata! Chi ti comprenderà? Vorrei che
tutti conoscessero il mistero del pane e del vino trasformati nel Corpo e nel
Sangue del Signore. Miracolo prodigioso! Abisso insondabile di amore! Per quanto
mi sentissi immersa in quel mistero, non lo compresi al punto da saperlo
spiegare: lo seppi solo sentire e soltanto in Cielo lo comprenderò. Vidi il
dolce Gesù benedire il pane. Vorrei saper dire, poter far vedere gli sguardi che
Gesù innalzò al Cielo nel momento della benedizione. Con gli occhi fissi al
Cielo, in fiamme di fuoco, Gesù pregò a lungo il suo Eterno Padre. Il volto era
tanto infiammato che pareva avere in sé, più che una somiglianza nostra,
soltanto la Vita del Cielo. Non pareva più Uomo, ma soltanto Dio: amore, solo
amore. Tanta luce, tanto amore, pervase tutti: Gesù, gli apostoli e me. Che
incanto! Con gli occhi pieni di fascino e con un sorriso dolce, benediceva il
pane che poco dopo distribuiva a tutti. E in quel momento di amore e di miracolo
senza uguale sentii che il mondo era un altro: Gesù si dava in alimento
all'umanità. Partiva per il Cielo, ma rimaneva con essa.
«Chi mangia la
mia carne e beve il mio sangue rimane unito a me e io a lui» (Gv 6,56) La
Eucaristia, mio Dio! Che meraviglia, quando Gesù la istituì! Scena toccante,
scena solo di amore. Giammai sentii tanto al vivo la tenerezza, l'amore di Gesù
verso i suoi apostoli. Tutti si comunicarono dalle sue mani, infiammati d'amore.
Devo dire che anche Giuda si comunicò! Egli stava più appartato; Gesù stese la
sua mano divina verso di lui, con il Cibo celeste. Subito dopo, Giuda rimase
come un dannato, tanta era la sua disperazione. Gesù parlava sempre con la
stessa dolcezza e con teneri sorrisi. Gli apostoli, in quell'ora più che mai, si
saziarono di Gesù. Si infiammarono di amore e giunsero a comprendere quanto Egli
diceva loro. Sperimentai, per alcuni momenti, l'immensità dell'amore di Gesù:
grande come il Cielo e la Terra; grande come la grandezza di Dio. Come Egli amò!
Come Egli ama! Non desidera altro che viviamo di Lui e per Lui. La Mamma, un po'
in disparte, ma presente, partecipava a tutto.
Pierluigi Cameroni,
L’Osservatore Romano,
giovedì 13 ottobre 2005
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