Il 13 ottobre [2002] ricorrono 47 anni dalla morte di
Alessandrina Maria da Costa, la mistica portoghese di cui il mese scorso abbiamo
tracciato un breve profilo spirituale attraverso l’intervista con Padre Pasquale
Liberatore, il salesiano, che è il postulatore della sua causa di
beatificazione.
Quel
giorno, 13 ottobre 1955, era un giovedì. Alessandrina aveva 51 anni e sette
mesi. Da tempo Gesù, con il quale aveva frequenti colloqui mistici, le aveva
rivelato la data della morte, e Alessandrina la ripeteva spesso alle persone che
andavano a farle visita. « Tra poco vado in Paradiso », diceva indicando la data
e il suo viso si illuminava di un radioso sorriso perché era felice di morire
proprio il 13 ottobre, anniversario dell’ultima apparizione della Madonna a
Fatima. Inoltre, quell’anno, il 13 di ottobre cadeva di giovedì, e il giovedì
era il suo giorno preferito perché le ricordava il giovedì santo, giorno in cui
Gesù aveva istituito l’Eucaristia.
Man mano che si avvicinava quella data la gioia di Alessandrina
aumen-tava. In lei si notava una specie di ansia, come nelle persone che si
pre-parano per un viaggio importantissimo. Il 12 ottobre, il giorno prima della
morte, chiese alla sorella Diolinda, che la assisteva giorno e notte, di fare
tre telefonate: una alla mamma, che era al mare per una cura affinché rientrasse
subito a casa; una al confessore, padre Gomez, per ringraziarlo ancora una
volta di quanto aveva fatto per lei; e una terza telefonata ad una sua carissima
amica, Anna Pimenta, che più volte aveva espresso il desiderio di essere
presente al momento del distacco definitivo.
Alle otto del mattino di quel 13 ottobre, Alessandrina
ricevette, come sempre, la Comunione. Intorno alle nove furono introdotte nella
sua cameretta un gruppo di persone che erano arrivate da lontano per poterla
vedere e salutare. Alle undici arrivò il suo medico curante, il dottor Emanuele
Augusto Diaz de Azevedo, e anche a lui Alessandrina disse subito: « Sono felice
perché tra poco vado in cielo ». Trascorse il pomeriggio continuando a ripetere
la stessa frase. Verso sera, la sorella Diolinda si convinse che Alessandrina
non sarebbe morta e, a una sua ennesima affermazione “tra poco vado in
paradiso”, le rispose: « Sì, ci andrai, ma non adesso ». “Vado ora”, ribattè
Alessandrina sorridendo, e poco dopo reclinò il capo esalando l’ultimo respiro.
Erano le ore 20 e 29.
La notizia della sua morte si sparse immediatamente e già
durante la notte cominciarono ad arrivare persone che desideravano vederne la
salma e sostare in preghiera. Il flusso dei devoti aumento il giorno dopo e, tra
la meraviglia di tutti, fu un accorrere di gente che veniva non solo da Balasar
e dai paesi vicini, ma anche dalle città, Braga, Povoa, Oporto, a dimostrazione
di quanto diffusa fosse la fama della sua santità. I funerali si svolsero il
giorno 15, alle dieci del mattino. La chiesa parrocchiale era gremita di fedeli
ed erano presenti quaranta sacerdoti che la accompagnarono fino al cimitero.
Sulla tomba venne posta una croce di legno e una statuetta della Madonna, come
Alessandrina aveva espressamente chiesto. « La croce sarà il simbolo di quella
che amai e portai fino alla morte », aveva dettato alla sorella. « La Madonnina
sarà per dire a tutti che fu lei che mi aiutò a salire il cammino doloroso del
mio calvario accompagnandomi e sostenendomi fino all’ultimo momento della mia
esistenza ».
La sua tomba divenne immediatamente meta di devoti, in
particolare di ammalati che andavano a chiedere grazie. La gente aveva fiducia
in lei e iniziarono subito a verificarsi guarigioni prodigiose. I beneficiati
lasciavano sulla tomba ex voto. Due anni dopo la morte, i devoti fecero erigere
nel cimitero una cappella per custodire le spoglie di Alessandrina e nel 1978,
poiché la fama di santità aumentava sempre più, le spoglie mortali furono
trasferite nella chiesa parrocchiale, a fianco dell’altare maggiore, dove si
trovano ancora.
Il processo di beatificazione, iniziato nel 1967, ha già
superato molte tappe. Nel 1995 Alessandrina è stata dichiarata Venerabile. Si
attende l’approvazione di un miracolo, che è in fase di studio, perché possa
salire alla gloria degli altari.
Come abbiamo detto nel numero scorso, attraverso l’intervista
con il salesiano Padre Pasquale Liberatore, postulatore della causa di
beatificazione, Alessandrina è una mistica la cui spiritualità è caratterizzata
soprattutto dall’esperienza della croce. « Alessandrina è stata una
“crocefissa” », ci ha detto Padre Liberatore. « A 21 anni fu costretta
all’immobilità da una malattia e rimase inferma a letto fino alla morte, cioè
per trent’anni. Era incapace di compiere qualsiasi movimento, era come se
fosse stata proprio inchiodata su una croce ».
Sembra che questa vocazione di Alessandrina ad essere crocefissa
per amore di Gesù fosse nei misteriosi disegni di Dio da tanto tempo e fosse
stata addirittura preannunciata un secolo prima della sua nascita con un
episodio accaduto a Balasar proprio nella zona dove lei viveva.
Il fatto risale al 21 giugno 1832. Anche quel giorno era un
giovedì. Si celebrava la Festa del Corpus Domini, e la gente di Balasar, andando
alla Messa la mattina presto, vide, nei pressi della chiesa parrocchiale, una
croce misteriosa. Una semplice croce che si delineava appena sul terreno, come
se qualcuno l'avesse disegnata usando una qualità di terra differente da quella
della zona circostante.
Quel segno suscitò una comprensibile curiosità, che, con il
passare del tempo divenne stupore perché la croce fatta di terra, invece si
sbiadire, scomparire, rimaneva ben visibile. Il terriccio di cui sembrava
costituita non si amalgamava con il terreno su cui era disegnata.
Il parroco di Balasar, fortemente impressionato, decise di
inviare una relazione al proprio vescovo. La fece redigere da un notaio, la
firmò e volle che fosse firmata anche da altri notabili del paese testimoni come
lui di quel misterioso fenomeno. In quella relazione si legge tra l’altro: « Le
comunico un caso inspiegabile, avvenuto in questa parrocchia di Sant'Eulalia in
Balasar. Il giorno del Corpus Domini scorso, mentre la popolazione veniva alla
messa mattutina, passando sulla strada che porta alla frazione chiamata
"Calvario", scorse una croce tracciata sul terreno. La terra che formava questa
croce era di un colore più chiaro dell'altra; sembrava che fosse caduta la
rugiada tutto attorno e che su quel disegno in forma di croce non fosse caduta
affatto. Io stesso mandai a scopare tutta la polvere e la terra sciolta che vi
era sul posto; ma riapparve, nello stesso luogo, il disegno della croce. Ordinai
allora di versare acqua in abbondanza, tanto sulla croce quanto attorno a essa.
Da quel momento la terra formante la croce apparve di colore nero, come si
conserva ancora. L'asta della croce misura 15 palmi di lunghezza e la traversa
ne misura 8. Nei giorni meno limpidi, la croce si vede chiaramente a qualsiasi
ora del giorno. Nei giorni di sole, si vede benissimo fino alle 9 del mattino, e
poi nel tardo pomeriggio fino al tramonto; ma lungo il giorno non è ben
visibile. Divulgata la notizia dell'apparizione,
il popolo cominciò ad accorrere per vederla, venerarla, offrendo fiori ed
elemosine ».
Del fatto si interessò anche la
stampa del tempo. Ci furono discussioni e polemiche. Per gli intellettuali
scettici era una burla. Ma per la gente quello era un segno del cielo. Così, per
custodirlo e poterlo venerare, sul terreno dove si vedeva la croce venne
costruita una piccola cappella, tuttora esistente, che porta sul frontale una
pietra con scolpita la data dell'apparizione: 1832.
Non si ebbero mai spiegazioni
precise sul significato di quella croce di terra. Solo un secolo più tardi fu
possibile stabilire un collegamento con Alessandrina da Costa. Come riferiscono
le scritte che sono state poste nel 1965 sulle mura della chiesetta che
custodisce la croce, Gesù stesso, durante un’apparizione ad Alessandrina,
rivelò che tra quella croce e la sua vita c’era una correlazione. Infatti, nel
dicembre del 1947, Gesù disse ad Alessandrina: « È
passato da poco un secolo da quando mandai, a questa privilegiata parrocchia, la
croce, come segno della tua crocifissione. Era pronta la croce, mancava la
vittima. Ma era già stata scelta nei piani divini: eri tu ».
Alessandrina quindi era nata per diventare una “vittima” come
Cristo crocifisso. Da ragazza aveva un carattere gioviale e indipendente. Amava
ridere e scherzare. Aveva un fisico forte e sano. Come abbiamo detto nel numero
scorso di questa rivista, il sabato santo del 1918, quando aveva appena 14 anni,
saltò dalla finestra della sua casa per fuggire alle insidie di un violentatore
e si ferì alla colonna vertebrale. Si sottopose a tutte le cure possibili per
guarire perchè amava la vita, ma senza risultati. Anzi le sue condizioni
peggioravano sempre più e nel 1925 fu costretta a letto completamente
paralizzata.
Aveva 21 anni. Non era facile rassegnarsi a quella sorte. Poiché
la medicina non poteva fare niente per lei, cercò la guarigione in un miracolo.
Pregava e faceva pregare. Partecipò anche a dei pellegrinaggi, ma niente. A poco
a poco comprese che il Signore la chiamava a una missione straordinaria anche se
difficile, quella di “vittima” e accettò con grande generosità.
Entrò così a far parte del mistero imperscrutabile della
“sofferenza che redime”, del mistero della passione e morte di Cristo come via
alla Salvezza e alla Risurrezione. Da allora la sua volontà fu quella di vivere
in unione con Cristo sofferente per la salvezza del mondo.
E fu Gesù stesso a plasmarla, a guidarla per le vie
dell’ascetica e della mistica. Iniziarono le locuzioni interiori, le intuizioni
spirituali, i colloqui con entità invisibili e le visioni stesse. Si
svilupparono cioè frequentazioni sempre più reali e forti con il
soprannaturale. E iniziarono anche a manifestarsi quegli eventi visibili di
“conformazione” alla Passione di Cristo, che lasciano sempre nello sconcerto il
profano e spesso anche il credente comune, ma che sono tuttavia assai frequenti
nel corso dell’esistenza terrena di molti santi, soprattutto di quelli che
vengono indicati come “mistici”.
Come ha lasciato scritto nei suoi “Diari”, all’inizio del
settembre 1934 Alessandrina cominciò a sentire che Gesù le chiedeva di lasciarsi
crocifiggere in modo concreto. Lei accettò e si scatenarono le persecuzioni del
demonio. Il Maligno la tormentava in ogni modo anche con violenze fisiche. La
picchiava, la sbatteva giù dal letto. Diolinda, che dormiva in un letto accanto
al suo, le rimetteva a posto e Satana la rigettava sul pavi-mento facendola
sorvolare in aria, sopra il letto della sorella. Al termine di queste lotte, il
corpo di Alessandrina era coperto di lividi e morsicature.
Negli anni 1936 e 1937, la sofferenze fisiche e morali di
Alessandrina andarono aumentando. Nel 1938 cominciò a “vivere” in modo reale e
fisico la passione di Cristo. Il fenomeno si manifestò la prima volta il 3
ottobre 1938 e si ripeteva tutti i venerdì, dalle 12 alle 15. Alessandrina
entrava in uno stato di estasi, in una specie di trance e in quelle condizioni
“riviveva” le varie fasi della “passione” di Cristo, così come sono raccontate
nei Vangeli. Le sue sofferenze fisiche si acuivano già il giorno prima, giovedì,
e crescevano durante tutta la notte e il
mattino seguente, raggiungendo il loro culmine nelle tre ore del venerdì, dalle
12 alle 15.
Esistono diverse testimonianze
scritte di persone che hanno assistito a quell’evento. Ci sono anche dei filmati
e parecchie fotografie. A mezzogiorno Alessandrina scendeva dal letto. Non si sa
come facesse, perché vi giaceva immobilizzata dal 1925. Ma nel periodo in cui
“riviveva” la passione essa si muoveva come se la paralisi non esistesse.
Scesa dal letto, si prostrava sul
pavimento, con le braccia stese lungo i fianchi e restava a lungo in quella
posizione assorta in preghiera, come Gesù nell’orto del Getsemani. A un certo
momento si poneva in ginocchio. Rivolgendo gli occhi al cielo, apriva le mani in
segno di accettazione. Si prostrava di nuovo sul pavimento e poi si risollevava
in ginocchio, ripetendo gli stessi gesti. Questo per tre volte. L'agonia
nell'Orto era lunga e penosa. Alessandrina emetteva gemiti profondi e la si
sentiva singhiozzare.
Seguivano, sempre in forma di
“rappresentazione”, come in un film, tutte le altre fasi della “Passione di
Gesù”: la cattura da parte dei soldati romani, il processo davanti a Pilato, la
flagellazione, l’incoronazione di spine, il viaggio al calvario e la
crocifissione.
Alessandrina soffriva realmente e
in modo crudele. I presenti, sacerdoti, laici e anche medici, seguivano
preoccupati. Alessandrina, pallida, terrea in volto, sudava e i suoi capelli si
impastavano sulla testa. Al termine del fenomeno, il suo corpo era pieno di
lividi, ecchimosi, ammaccature.
I medici approfittavano per fare
degli esperimenti. La pungevano con degli spilli, sotto le unghie, vicino agli
occhi, e lei non sentiva niente. Nella “rappresentazione” del viaggio al
calvario con la croce sulle spalle si verificavano sempre anche le tre cadute
indicate dai Vangeli. Alessandrina restava a terra, come schiacciata dal peso
della croce. Una volta un medico tentò di risollevarla e si accorse che era
pesantissima. Chiese aiuto a un collega, ma anche in due non riuscirono a
sollevarla di un millimetro. Alessandrina era come incollata al pavimento.
Finita l’estasi, diventava leggera: in quel periodo il peso del suo corpo era di
appena 34 chili..
Anche durante la fase della
“crocifissione” si verificavano atteggiamenti che lasciavano molto sorpresi i
medici e coloro che assistevano al fenomeno. Alessandrina restava stesa sul
pavimento, con le braccia aperte e i piedi uniti. Appoggiava a terra la mano
destra, poi la sinistra per offrirle ai crocifissori. Si notava un violento
ripiegamento delle dita della mano e quando, alla fine, le veniva chiesta una
spiegazione di quel movimento, rispondeva sempre che dipendeva dal fatto che
veniva inchiodata ai polsi. E’ un dettaglio che si accorda con le impronte della
Sindone, ma di cui Alessandrina non conosceva assolutamente niente.
Poi Alessandrina compiva un
movimento assolutamente inspiegabile: si rizzava da terra tenendo le braccia
aperte, senza piegare né il corpo né le gambe, restando rigida, come se fosse
tutta appoggiata a un sostegno. Faceva perno solo sui calcagni. Appariva
evidente che non poteva compiere quel movimento con le sue forze, ma c'era ben
altra forza che la drizzava di peso da terra. Poi si scuoteva tutta, come se
ricevesse un colpo verso il basso: dava l'impressione che tutta la croce, con
sopra il corpo inchiodato, una volta eretta, cadesse nella buca del terreno, per
esservi fissata. Per alcuni minuti rimaneva immobile in quella posizione. In
seguito ricadeva a terra e terminava l'agonia distesa al suolo. Il suo respiro
si faceva sempre più faticoso; alzava gli occhi al cielo e le sfuggivano grida
di dolore; il suo petto si andava dilatando talmente da sembrare che la
respirazione rimanesse paralizzata. Diceva anche alcune frasi, appena
percepibili, di cui l'ultima era: “Padre, nelle tue mani affido il mio
spirito”. Reclinava il capo sul lato sinistro e per alcuni istanti non dava più
nessun segno di movimento o di respirazione. Sembrava morta. Qualche volta si
tentò di sollevarle il capo, senza riuscirvi.
Il fenomeno del “rivivere” la Passione di Cristo durò fino al 27
marzo 1942. Si ripetè quindi per 182 volte. Poi, la “passione” di Alessandrina
non fu più visibile ma continuò in forma invisibile. Si manifestò invece un
altro evento strepitoso: il digiuno assoluto accompagnato da totale anuria, che
durò fino alla sua morte. Per 13 anni e sette mesi non assunse nessun tipo di
cibo o di bevanda. Si nutriva solo con l’Eucarestia che le veniva portata dal
parroco tutte le mattine. Gesù le aveva detto: « Non ti alimenterai mai più
sulla terra. Il tuo alimento è la mia carne: il tuo sangue il mio sangue. Grande
è il miracolo della tua vita ».
Alessandrina sentiva in modo fortissimo gli stimoli della fame e
della seta, ma se prendeva anche solo un goccia d’acqua veniva presa da dolorosi
conati di vomito. Le sofferenze del suo martirio quindi si erano acuite.
Il fenomeno incuriosiva tremendamente la scienza medica. Nessun
medico credeva che potesse verificarsi una fatto del genere. Molti professori
andarono a visitare Alessandrina. Poiché i fedeli gridavano al miracolo, i
medici, che il quel periodo erano quasi tutti atei dichiarati, volevano
dimostrare che era tutto un imbroglio e riuscirono a convincerla a sottoporsi a
un controllo scientifico in ambiente ospedaliero. Alessandrina accettò ponendo
però una condizione: poter ricevere tutte le mattine la Comunione.
Nel giungo del 1943, l’ammalata venne condotta all’ospedale di
Foce del Douro, vicino ad Oporto, e affidata alle cure del professor Gomes de
Araujo, della Reale Accademia di Medicina di Madrid, specialista in malattie
nervose e artritiche. Qui vi rimase per 40 giorni, isolata da tutti, sotto
stretto controllo di collaboratori del celebre medico, che la sorvegliavano
giorno e notte. I medici volevano a tutti i costi costringerla a mangiare, la
sottoposero a vessazioni, umilianti ispezioni fisiche, ma non riuscirono a
spiegare niente. Dovettero concludere che si trovavano di fronte a un fatto
assolutamente inspiegabile. Il terribile professor Araujo, al termine di quei 40
giorni, congedandosi disse ad Alessandrina: « Verrò a trovarla a Balasar non
come medico-spia, ma come amico che vi stima ». E da allora non fu più un ateo.
Anche quel lungo è prodigioso digiuno, scientificamente provato,
è uno dei “segni” misteriosi della presenza del soprannaturale nella vita
terrena di Alessandrina. Per 13 anni il suo corpo si nutrì solo dell’Eucarestia.
I medici poterono constatare che l’ostia consacrata restava intatta nel suo
stomaco per 24 ore, cioè fino a quando era giunto il momento di ricevere ancora
l’Eucarestia. Il suo corpo in quegli anni fu sempre un tabernacolo vivente.
Il rivivere la passione di Cristo, il lungo e totale digiuno e
molti altri segni mistici hanno caratterizzato l’esistenza terrena di
Alessandrina Maria da Costa, una giovane donna portoghese di cui si attende
presto la beatificazione.
Beatificazione : 25-05-2004.
Renzo Allegri
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